Nord, le pensioni a rischio

PUBBLICATO su LaPadania - 11/03/1997

Prodi ha nominato una  commissione per studiare i tagli da fare allo stato sociale. Il presidente si chiama Onofri e il nome della commissione è di quelli che impressionano. Infatti si chiama “commissione per l’analisi delle compatibilità macroeconomiche della spesa sociale”. Traduzione del nome,  dopo aver letto la relazione finale e i suggerimenti della commissione: “gh’é  nagotta de fà: chì-inscì  bisogna trovà-foeura  quajcòssa  de tajà-giò ai Lumbard e ai olter del Nord” (non c’è niente da fare: qui bisogna trovare qualcosa da tagliare ai Lombardi e agli altri del Nord).

La commissione ha fatto un confronto  tra il  sistema italiano e quello europeo, e lo ha fatto con dati assolutamente non corretti , che secondo me servono solo come alibi per supportare conclusioni inaccettabili, tutte a danno dei  lavoratori Padani. Infatti nella relazione si legge  che la spesa per le pensioni in Italia costituisce il 61,5% della spesa sociale , contro una media europea del 45,3% , mentre la spesa per la "protezione sociale" (disoccupazione, mobilità, cassa integrazione ordinaria e straordinaria ecc.) rappresenta solo il 18,4% , contro la media europea del 31,9%.

Dunque , siccome spendiamo troppo per le pensioni e troppo poco per la protezione sociale , la commissione propone  di ridurre la spesa per le pensioni, soprattutto quelle di anzianità , vale a dire quelle che maturano dopo aver veramente  lavorato 35 anni. E propone  di aumentare le  forme di sussidio sociale,  suggerendo  , per esempio,  di introdurre l'assegno minimo vitale per i maggiorenni disoccupati.

Dello   squilibrio tra i contributi pagati  e le prestazioni ricevute e  dello squilibrio tra le tasse pagate e i servizi ricevuti   tra le regioni della  Padania e quelle dell'Italia ,   e delle azioni per un riequilibrio, nessuna parola :   per i professori della commissione  Onofri semplicemente il problema non si pone.

Ma cosa significano queste cose per i lavoratori padani ? Andiamo con ordine e ragioniamo sui numeri.

Il fatto é che l'eccesso di spesa pensionistica c'é,  ma non é assolutamente imputabile alle pensioni  vere, quelle che maturano dopo 35 anni di fabbrica. L'eccesso, rispetto alla media europea, é dovuto  all'assistenzialismo :  solo che in Europa lo chiamano con il suo vero nome, vale a dire "sussidi e assistenza sociale" , mentre in Italia i  politici romani chiamano pensioni alcune spese che con le pensioni non c'entrano per niente.

Lasciatemi dimostrare quello che ho detto. La spesa per pensioni del 1996 è stata valutata dalla commissione Onofri in 272.521 miliardi , di cui oltre 170.000 sono state erogate dall' Inps. Guardiamo un pò dentro a  questi 170 .000 miliardi spesi dall'INPS . Più di  67.000 miliardi sono  per le pensioni di vecchiaia . Ebbene,  almeno un terzo di queste pensioni non  sono giustificate da contribuzioni . Dunque sono assistenza.  Altri 36.000 miliardi sono spesi dell'INPS  per le pensioni di invalidità,  e circa 30.000 miliardi sono spesi   per le pensioni di reversibilità . Tutti sanno che oltre un terzo di queste prestazioni sono puramente assistenziali , poiché non sono coperte da contributi versati. In realtà sono interventi di sostegno al reddito delle famiglie e delle cosiddette fasce deboli , oppure di sostegno al “rischio reddito/occupazione”, come lo definisce la commissione Onofri, attraverso i prepensionamenti e le false invalidità. Pensate che dal 1980 al 1996 sono stati prepensionati  più di  410.000 lavoratori , che per le statistiche ingrossano artificiosamente il numero dei veri pensionati di anzianità , quelli che hanno lavorato e versato i contributi per tutta la vita.

Le vere pensioni di anzianità , quelle  erogate dopo 35 e più  anni di lavoro, riguardano circa 900.000 lavoratori e ammontano a circa 19.000 miliardi. Queste sono cifre molto inferiori a quelle relative alle prestazioni che ho appena commentato,  soprattutto se raffrontate agli invalidi.  Ma queste pensioni hanno un grave difetto: per il 75% sono erogate al nord, in Padania , e la loro  riduzione é più che giustificata dai professori della commissione Onofri,  perché non diminuisce  il numero dei  miliardi spesi per l'assistenza,  che guarda caso per oltre il 70% sono erogati al centro e al sud!  

Se non si confonde l'assistenza con le pensioni vere, ecco che   la spesa per le pensioni scende  dal 61,5% al 50% e quella per l' assistenza sale ad oltre il 28% . E queste cifre non sono molto diverse  da quelle europee; se poi consideriamo  assistiti anche i baby pensionati pubblici e i percettori di pensioni privilegiate , come quella di 43 milioni al mese del signor Biagio Agnes  e come quelle dei   dipendenti della banca d ‘Italia e di  altre categorie protette, ecco che  i confronti con l'Europa  tornano . Anzi, la spesa per l’assistenza in questa Italia supera la spesa per le pensioni vere.

Le idee di  nuove forme di sussidio e di assistenza, come l’istituto del minimo vitale , del fondo per i non autosufficienti e di altri carrozzoni romani   sono state opportunamente definite  “metadone” sociale. Questa idea  si inserisce nell’ alveo di altri progetti  del Governo Prodi,   come il prestito d ‘ onore  per i giovani del sud che desiderano intraprendere una attività  e che a decine di migliaia si sono messi in coda per intascare i 40 milioni a fondo perso messi in palio dallo Stato. E perché mai un giovane della Padania che supponiamo volesse fare l’ idraulico deve metterci soldi propri mentre a uno del sud lo Stato gli compra l’ intera attrezzatura senza poi sapere come andrà  a finire questa nuova attività e come eventualmente potrà  recuperare i finanziamenti erogati?  Reclamare pari diritti non ci pare razzismo.

E che dire  dei 100.000 lavoratori, prevalentemente del sud, avviati ai cosiddetti lavori socialmente utili senza il fine ultimo di creare vera occupazione. Lo Stato paga 800 mila lire mensili per dodici mesi e poi quando il  parcheggio finisce la gente scende in piazza e si scatena con la polizia, come accaduto recentemente a Napoli. E’  la conferma che si tratta di “metadone”  sociale , e quando manca questa droga la gente fa di tutto per averne dell’altra.

A Roma nessuno propone  di riformare  seriamente il mercato del lavoro attraverso l’ utilizzo di nuove forme di impiego gestite con cultura e metodi imprenditoriali,  e non , come accade oggi in Italia, attraverso la burocrazia che domina nelle strutture pubbliche chiamate “uffici di collocamento e della massima occupazione”. Che ironia nel nome “massima occupazione” . Questi sono uffici che non collocano  niente , meno  4% dell ‘ intera forza avviata al lavoro . Ma a pensarci bene una massima occupazione la creano : quella dei   burocrati dello Stato. Infatti questo  servizio , sostanzialmente inutile, ne impiega oltre 11.000.

Su questi dati i confronti con l’ Europa la commissione  Onofri non si sogna nemmeno di farli.

Come del resto la commissione dimentica totalmente di commentare  i rapporti tra i contributi versati e le prestazioni ricevute  suddivisi per regione. Se li avessero fatti,  avrebbero dovuto evidenziare  che in Lombardia nel 1993 si sono pagati 41 mila miliardi di contributi e si sono riscosse prestazioni per 33 mila miliardi , mentre la Sicilia ne ha pagati 6.000 e ne ha incassati  il doppio, 12.000 . E la Campania ne ha pagati 7.550  ma ne ha incassati circa 12.000. E per i trattamenti di integrazione salariale nello stesso periodo i lombardi hanno pagato 1.307 miliardi e ne hanno incassato 672 mentre la Campania ne ha pagati 207 e ne ha incassati 463.

Con questi sistemi é inevitabile  che la disoccupazione al sud sarà sempre così alta : chi percepisce un sussidio per invalidità,  disoccupazione ecc. non dichiarerà  mai che lavora (magari in nero) perché  se no gli tolgono la pensione o la cassa integrazione . Oppure non gli danno il prepensionamento. Ma  così  non si crea lavoro vero , e si alimenta nella migliore delle ipotesi il lavoro nero, quando non le  file della malavita organizzata. Paradossalmente, come ha spesso ricordato   Umberto Bossi, più si aumentano i sussidi e più aumenta la disoccupazione e lo squilibrio tra la Padania e l’Italia.  Altro che tagliare le pensioni di anzianità della Padania.

Giancarlo Pagliarini